A Luglio del 2018, come regalo di compleanno, ho ricevuto un Google Home.

Si tratta di un regalo da me molto gradito, non tanto perché la mia casa fosse particolarmente predisposta o adatta ad un ambiente smart o domotico, quanto piuttosto per la curiosità di provare questo oggetto ed osservare come potesse integrarsi nella vita di tutti i giorni (che è poi il suo scopo finale).

Tra le tre varianti disponibili, il device in questione è la versione di mezzo, il Google Home “e basta”: la scelta è stata fatta grazie al consiglio di Alessandro, fondatore del blog, che mi aveva parlato della superiorità dei microfoni della versione in questione in confronto alla versione Mini.

Il Dispositivo

Estetica e Materiali

L’oggetto in questione si presenta bene ed è facile da integrare come soprammobile; può in alternativa essere relegato in un angolo della stanza.

Lo schema di colori disponibile è uno solo: parte superiore bianca e parte inferiore grigio chiaro (che in Google chiamano Ardesia).

I materiali sono semplici ma efficaci: plastica dura per la scocca superiore e tessuto nella parte inferiore, zona in cui sono collocati gli altoparlanti.

Un basamento composto da plastica e gomma permette di non far scivolare il dispositivo anche quando viene collocato su superfici leggermente inclinate.

Dotazione, Pulsanti, Porte

Il device si controlla in maniera estremamente semplice: sulla parte superiore è collocato un sensore a sfioramento con il quale è possibile interrompere la riproduzione e controllare il volume, e funziona molto bene; l’unico pulsante fisico è collocato sul retro e permette di fermare l’ascolto continuo dell’ambiente circostante (il dispositivo si illuminerà di giallo per indicare che non sta ascoltando).

Sono due i microfoni che permettono di ascoltare l’ambiente e interagire con gli utenti: sono posti sulla cima del dispositivo e localizzabili attraverso due fori nel piatto superiore.

Il cavo incluso è ben integrato e dal profilo piatto, lungo 1.8m e dotato di laccetto, per rimanere più ordinato possibile.

Gli speaker funzionano bene: è possibile controllare in maniera indipendente la risposta alle basse frequenze, e sono godibili in un ambiente di medie dimensioni (nel mio caso, Home viene utilizzato in una camera da letto di circa 16mq ed è stato sempre sufficiente un volume non superiore al 50%).

Il software

È nella componente smart che il dispositivo dà, ovviamente, il meglio di sé.

“A bordo” di qualunque Google Home troviamo l’Assistente Google, a patto di avere una connessione Wi-Fi sempre attiva: senza internet, infatti, il dispositivo diventa un elegante fermaporte.

La configurazione è semplice attraverso l’app Home di Google, e funzionalmente non fa nulla di diverso dall’assistente che trovate in ogni dispositivo Android.

Una caratteristica che ho tanto apprezzato sono i livelli “numerici” di volume: i miei preferiti sono 1, che utilizzo di notte per impostare sveglie e chiedere le previsioni meteo, e 4, utilizzato di giorno, ideale per intrattenere una conversazione a 2/3 metri dal dispositivo.

Ma allora perché comprarlo?

È proprio questo il punto, è inutile.

O, meglio, non fa nulla che non potrebbe già essere fatto senza di esso.

Non aggiunge funzionalità al già completissimo Google Assistant, ma è una porta di accesso verso di lui.

Mi rendo conto, dopo un anno di utilizzo, che Google Home è entrato nella mia quotidianità: a partire dalla sveglia, passando per le informazioni meteo, per la musica quando mi sto preparando per uscire o per effettuare ricerche di informazioni al volo.

Tutte cose che si potrebbero tranquillamente fare con due-tre tap sul proprio telefono, ma che, con Google Home, diventano istantanee.

Se poi siete un po’ sbadati, la funzione “non trovo il mio telefono” che lo fa suonare, anche se il telefono è impostato in modalità silenzioso, è la svolta.

È proprio questo il punto: Google Home è tanto inutile quanto comodo per un uso come quello che ne viene fatto nel 90% delle case e dei casi.

La “morte sua”

Chiaramente, quando Google Home viene inserito in un contesto di domotica, un contesto smart, si chiude una porta e si apre un portone: luci, riscaldamento, apparecchi elettrici, serrature; se il dispositivo è compatibile con Google Assistant allora funzionerà ancora meglio con un Google Home.

Conclusioni

Google Home (che sia Standard o Mini) è un device che avvicina la tecnologia alla quotidianità, in una maniera che non avevamo ancora sperimentato con efficacia.

Devo dire che farei fatica a privarmene, ma potrei farlo: dovessi decidere di comprarlo di nuovo, lo farei, ma il consiglio è di prendere la versioni Mini per ambienti medio piccoli (tipo camere da letto o bagni) e quella Standard per inserirla, ad esempio, in salotto o all’aperto.

Dal punto di vista del device, quindi, ottimo lavoro per Google, che per il prezzo pagato (150€) e ancor di più per il prezzo attuale (99€) ci regala una cassa smart degna di nota.

Non so dirvi come si comporta rispetto suo diretto competitor Echo di Amazon: probabilmente, più avanti, arriverà sul blog un versus tra Google Home e Amazon Echo e, di conseguenza, tra Google Assistant e Alexa.

Restate sintonizzati!